La caparra penitenziale rappresenta quel corrispettivo in denaro che permette ad una delle parti in gioco di rescindere in modo unilaterale il contratto. Non appena c’è la stipula del contratto le parti coinvolte possono optare di prevedere una quantità in denaro, o un altro corrispettivo di beni, come cifra predeterminata contro il diritto di recedere dalle imposizioni contrattuali. Queste è in sostanza la caparra penitenziale che, come affermato con certezza dall’articolo 1386 del Codice Civile, deve essere chiaramente pattuita.
Per esserci una caparra penitenziale, infatti, non basta la sola previsione all’interno del contratto, ma deve essere incluso espressamente il diritto di una parte – o di ambedue le parti in causa – di ritrarsi dal contratto attraverso il soddisfacimento della cifra sborsata come caparra. Perciò, affinché si parli di una vera e propria caparra penitenziale devono permanere due elementi: previsione nel contratto in essere; diritto di recesso unilaterale pattuito in precedenza. In mancanza di quest’ultimo elemento, la caparra ha natura confirmatoria e quindi prevede la sanzione per l’inadempimento dell’altra parte.
Come funziona la caparra penitenziale?
Dopo aver introdotto le caratteristiche generali della caparra penitenziale, è opportuno soffermarsi sul suo specifico funzionamento. Una volta che i contraenti hanno acconsentito al contratto, oltre ad aver stabilito una somma a titolo di caparra penitenziale, possono valutare se adempiere all’obbligazione oppure se vantare il diritto di recesso. Nel caso in questione l’importo della caparra muta a seconda della parte che rigetta il rispetto del contratto. Se chi recede è colui che ha pagato la caparra questo soggetto perde la cifra versata come anticipo; se, invece, il recedente è la persona che ha ottenuto la caparra, quest’ultimo deve restituire il doppio della cifra stabilita.
Qualora entrambe le parti diano regolare esecuzione al contratto, la caparra penitenziale smarrisce la propria funzione e quindi va restituita, o comunque sottoposta al costo totale della prestazione.
Che differenza c’è tra caparra penitenziale e caparra confirmatoria?
In merito alla caparra confirmatoria, si può dire che è la più frequente e consiste nel dare all’altra parte una somma di denaro per confermare il vincolo assunto. Quando il contratto definitivo cessa, essa deve va restituita o sottoposta alla prestazione. Se, poi, la parte che ha concesso la caparra si rende insolvente, l’altra parte può ritirarsi dal contratto e detenerla. Se inadempiente è la parte che ha ottenuto la caparra, l’altra parte può sempre sollevare la propria posizione dal contratto e pretendere il doppio di quanto versato.
In ambedue le circostanze, si tratta di una facoltà donata controparte insolvente che può ad ogni modo pretendere l’adempimento al fine di ottenere il risarcimento per il danno aggiuntivo subito. La parte non inadempiente, perciò, oltre a trattenere o a esigere la caparra, può agire in via giudiziale per avere l’esecuzione in forma specifica del patto contrattuale ovvero chiedere al giudice di imporre la parte inadempiente a terminare in ogni odo il contratto emettendo, il più delle volte, una sentenza che trasferisca l’immobile e sostituisca la natura dell’oggetto contrattuale non espressa davanti al notaio – oltre a pretendere il risarcimento del maggior danno subito.
Di diversa natura è la peculiarità della caparra penitenziale. Chi opta di recedere dal tutto deve dare all’altra parte quanto stabilito a titolo di caparra penitenziale e l’altra parte non potrà pretendere altro. In sostanza le parti possono determinare sin dall’inizio che il contratto si possa risolvere pagando un prezzo.